Paesi e borghi del territorio comunale
Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre 2021
Deviando dall’ Aurelia, dopo pochi chilometri si arriva ad Alberese, oggi “sala d’ aspetto” del Parco Naturale della Maremma.
La sua nascita come frazione, avvenne in seguito all’opera colonizzatrice che l’Opera Nazionale Combattenti, a cui erano state assegnate queste terre, confiscate dopo il 1918 ad un nobile austriaco, portò avanti con ottimi risultati.
Numerose famiglie venete scesero in Maremma e seppero di anno in anno migliorare le condizioni di queste terre, completando lavori di bonifica e sviluppando iniziative nel settore agricolo, facendo di questa zona un vasto giardino.
Nonostante la presenza dell’uomo, i naturali paradisi circostanti, con il loro patrimonio faunistico e floristico, sono stati salvati ed oggi un Parco ed una legge regionale salvaguardano la conservazione ed il perdurare di queste bellezze.
Mandrie brade di cavalli e buoi maremmani scorrazzano ancora per i larghi prati mentre tra i fitti boschi dei monti dell’Uccellina cinghiali e caprioli vivono indisturbati.
All’interno del Parco non si trova solo natura incontaminata; numerosi e talvolta imponenti sono i segni della presenza dell’uomo nei vari periodi.
Nella preistoria furono abitate alcune grotte, come quella dello Scoglietto, che conserva tracce di frequentazione anche più recenti (età del Bronzo, età Romana) Resti etruschi (Poggio Raso) e romani (Santa Francesca, Le Frasche) sono presenti soprattutto verso Talamone e lungo l’ Aurelia.
Nel cuore del Parco è invece l’Abbazia di San Rabano, uno dei monumenti medievali più suggestivi della Maremma.
Infine si segnalano le torri costiere che fino all’età moderna ebbero il compito di controllare il mare dove dominava la pirateria nordafricana.
Anche se le notizie storiche sono scarse, l’origine antica di Batignano è comunque probabile.
Ma diversamente dalla vicina Roselle, questa frazione ebbe il suo maggior impulso nel Medio Evo.
Feudo degli Aldobrandeschi prima e nel 1213 di Manto da Grosseto, ebbe una notevole importanza militare in quanto controllava lo sbocco di una strada senese sulla pianura grossetana; miniere di piombo ed argento impreziosivano la sua zona. Dopo la battaglia di Monteaperti, passata la Maremma sotto potere senese, Batignano chiese a Siena la sua protezione e nel 1276 ebbe il suo primo governo autonomo.
Con l’avvento dei Lorena, dopo un periodo di dominio dei Piccolomini e dei Senesi, nel 1783 fu riunita al Comune di Grosseto.
Oggi Batignano è un caratteristico borgo che conserva resti di mura e di un cassero oltre ad una loggetta a tre archi che danno al paese un certo tono di antichità.
Nella chiesa parrocchiale (S Martino) di architettura romanica, fanno poi bella mostra di se frammenti di affreschi di scuola senese.
Già nell’862, Istia d’Ombrone rappresentava nella terra della Maremma un importante centro, la cui “nobiltà ” era contraddistinta dall’appartenenza ai Vescovi di Roselle Grosseto.
Fu oggetto di accese lotte, che videro gli Aldobrandeschi, i Petrucci e i Piccolomini interessati al suo possesso. Data la notevole vicinanza a Grosseto, il Vescovo di questa città vi stabilì per qualche tempo la sua sede ricoprendo il titolo di Conte e risiedendo in quel palazzo che, intitolato. a S. Salvatore, venne poi dai Senesi trasformato in fortezza.
Gli ancor visibili avanzi delle sue mura dimostrano come questa piccola frazione risalga ad un’età ancora più antica di quella normalmente riconosciuta. Riguardo alla sua cinta muraria, nel 1137 Arrigo duca di Baviera ne distrusse gran parte e solo più tardi i Senesi provvidero a ricostruirla, rinforzandola e adottando più moderni sistemi difensivi.
Con l’impoverirsi del paese, segnato dal dominio Mediceo, Istia si trasformò in un modesto villaggio e la sua antica “nobiltà “, andò man mano a sparire.
Sotto il profilo artistico, nella chiesa plebana di S Salvatore, fa bella mostra di se una pregevole scultura lignea, (scuola senese XV sec ) un quadro di Vincenzo Taninagni (1528), una Madonna con Bambino di Giovanni di Paolo (XV sec ) e, ritornando alle mura, la bella porta grossetana.
Istia è un paese sino ad ieri un po’ trascurato ma che non mancherà di ritornare ad avere qualche cosa di più di quel tono pittoresco che oggi lo contraddistingue.
Il maestoso Ombrone, come sempre, continua a scorrere lento sotto il paese, accompagnando con la sua “voce” la vita dei suoi abitanti.
e dovessimo trovare per Marina di Grosseto una precisa data di nascita, potremo far risalire il suo primo “vagito” al 1793, allorché fu terminata la torre voluta da Ferdinando III di Lorena.
L’ampio arenile, la vasta pineta disseminata di rosmarini, ginestre e di una ricca ed incontaminata vegetazione mediterranea, hanno fatto nel tempo il miracolo.La gente, una volta in gran parte grossetani, si è riversata in questo lembo di costa, l’antica San Rocco,che già villaggio di pescatori con i suoi capanni di falasco e con qualche casetta in muratura e le caratteristiche baracche, lusso per pochi, si è trasformata in quella Marina di Grosseto dove ville, moderni palazzi, ristoranti, banche, hanno creato una dimensione ormai cittadina.Siena, Arezzo, Firenze, Roma e tante altre città, vedono i loro abitanti riversarsi nel periodo estivo in questa ridente località. È oggi ormai un rinomato centro balneare.
La sua particolare ubicazione non ne permette una occasionale conoscenza. Posto infatti su di un colle panoramico spazia su tutta la costa e l’arcipelago toscano, sino alla Corsica.
è il “balcone della Maremma”, un tempo feudo degli Aldobrandeschi, dal 1300 passato sotto Siena. Il paese, durante il dominio Mediceo e dei Lorena fu concesso in feudo nel 1627 ai conti d’Elci e da questi poi ai Tolomei, ai Guadagni ed infine ai Federighi.
Ancor oggi Montepescali è circondato da mura, che conferiscono a questo centro una suggestiva immagine resa ancor più particolare dalla Torre senese, un tempo appartenente al cassero e restaurata nel 1492.
Centro agricolo, i suoi abitanti scendevano nella piana sottostante per lavorare a giornata nelle vicine tenute e fattorie. Vasti oliveti e vigneti drappeggiano il colle a simbolo di una produzione vinicola e olearia di un certo prestigio.
Nonostante la sua veste di frazione, racchiude nelle sue due chiese delle notevoli testimonianze d’arte.
Nella parte alta del paese la chiesa di San Niccolò, di impianto romanico (XI secolo), conserva un importante ciclo di affreschi di scuola senese datati 1389.
In tempi recenti vi è stata posta anche una grande tavola di Matteo di Giovanni (scuola senes, XV Secolo) che raffigura la Madonna in Trono con Angeli e Santi, che era in origine nell’altra chiesa, dedicata ai Santi Stefano e Lorenzo.
La chiesa dei Santi Stefano e Lorenzo risale al XIl secolo e conserva anch’essa affreschi di scuola senese (XIV sec ). Si segnala il ricco altare in stucco (fine sec XV) che ospitava in origine la pala di Matteo di Giovanni.
Un tempo semplice appendice della frazione di Montepescali, Braccagni ha oggi assunto una veste tutta sua che le affida un ruolo di punto nodale per la stessa economia della zona.
La stazione, l’Aurelia, certe attività sviluppatesi in questi ultimi anni, nuove abitazioni, hanno creato una identità di moderno paese, destinato a continua evoluzione.
L’annuale Fiera del Madonnino è una dimostrazione di come Braccagni stia rivelandosi non anacronistico borgo, ma moderno centro che con il lavoro ha saputo conseguire una precisa fisionomia grazie anche all’opera dei suoi abitanti che, attraverso iniziative come la rivista di tradizioni popolari “La Sentinella del Braccagni” o come la Festa del Maggio (che si svolge ogni primo Maggio), hanno saputo far rivivere culturalmentre un luogo di periferia.
Braccagni, dunque, è un paese in via di sviluppo, a pochi chilometri da Grosseto, con un cuore che sa ancora di campagna. La ferrovia e la S.S. n.1 la rendono quanto mai accessibile.
Città etrusca, romana e medievale, l’ antica Roselle ha da sempre posseduto una tutta sua particolare attrazione.
Come un po’ tutte le “lucumonie” etrusche, la città venne costruita, a partire dalla fine dell’età del Ferro, su di un’altura che per la sua vista e per la sua lontananza dalla, costa offriva una indiscussa sicurezza.
La povertà di notizie non ci permette di conoscere con esattezza la consistenza territoriale del suo dominio, pur tuttavia si estese anche nei confronti di Vetulonia, di cui Roselle riuscì a fagocitare buona parte dei territori.
Il periodo “tardo etrusco” segnò la massima espansione anche del suo abitato, la massima fioritura sia nel commercio che nella politica. Ma nel 294 a.C. la città venne conquistata.
Come riporta Livio, duemila furono gli Etruschi uccisi intorno alle mura, altrettanti i prigionieri e assai gravi le condizioni della resa. La “Lupa” prima e l’ “Aquila” poi contraddistingueranno la sua storia. Mentre gli Etruschi vanno dissolvendosi nell’ immenso Impero Romano, la vita tende ad estendersi a svilupparsi nella pianura, nella adiacenza di grandi arterie.
Con la fine deIl’Impero, Roselle, già sede di una diocesi, nel V secolo divenne il centro medievale più importante dell’area. Il suo abbandono fu poi graduale e paraIlelo all’emergere del nuovo centro di Grosseto, che ereditò la sede vescovile rosellana nel 1138.