Rifugiati politici e stranieri ammissibili alla protezione sussidiaria

La disciplina sul riconoscimento a cittadini stranieri o apolidi dello status di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria attua la direttiva europea 2004/83/Ce.

La domanda di protezione internazionale

La domanda può essere motivata dal verificarsi di avvenimenti, o dallo svolgimento di attività, successivi alla partenza dell’interessato dal Paese di origine o di dimora abituale.

I predetti status non possono essere riconosciuti qualora vi siano specifiche cause che ne escludono o ne fanno cessare la configurabilità.

Ogni domanda va esaminata individualmente; si tiene conto, inoltre, della specifica situazione delle persone vulnerabili, tra cui rientrano:

  • i minori;
  • i disabili;
  • gli anziani;
  • le donne in stato di gravidanza;
  • i genitori singoli con figli minori;
  • le vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.

Il richiedente, con la domanda, deve presentare tutti gli elementi e la documentazione inerenti:

  • l’età;
  • la condizione sociale;
  • l’identità;
  • la cittadinanza;
  • i luoghi ove ha soggiornato in precedenza;
  • eventuali domande di asilo pregresse;
  • gli itinerari di viaggio;
  • i documenti d’identità e di viaggio;
  • i motivi per i quali ha chiesto la “protezione internazionale”.

L’esame della domanda compete a un’apposita Commissione territoriale (ne sono state individuate dieci), che deve valutare, in relazione al richiedente:

  • la situazione nel suo Paese di origine, riferita al momento in cui l’istanza va decisa. È necessario, in particolare, verificare il modo in cui le autorità di tale Paese applicano il sistema normativo e regolamentare;
  • le dichiarazioni e la documentazione fornite. L’interessato è tenuto a precisare se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
  • la sua situazione personale, in particolare la condizione sociale, il sesso e l’età;
  • l’eventualità che con la sua condotta, successiva a quando ha lasciato il Paese di origine, abbia intenzionalmente precostituito le condizioni per presentare l’istanza di protezione in questione;
  • la possibilità che possa avvalersi della protezione di un altro Paese.
  • Si delinea un serio indizio per ritenere fondata la domanda se il richiedente ha già subito persecuzioni o minacce dirette di persecuzione;

l’istanza, tuttavia, è rigettata qualora:

  • siano individuati nuovi elementi che escludano il ripetersi di tali fatti;
  • non emergano gravi motivi umanitari, idonei a impedire il rimpatrio dell’interessato.

Chi chiede la protezione internazionale potrebbe, suo malgrado, non riuscire a documentare la fondatezza della domanda; gli elementi posti a base della stessa, tuttavia, sono ritenuti veritieri se la Commissione competente ritiene che:

  • l’interessato ha compiuto ogni ragionevole sforzo per provare l’istanza;
  • tutti gli elementi in suo possesso sono stati forniti o, in caso contrario, vi sia una motivazione idonea a giustificarne la mancanza;
  • le dichiarazioni rese sono coerenti e plausibili, nonché compatibili con le altre informazioni acquisite;
  • la domanda di “protezione internazionale” è stata presentata il prima possibile, ovvero il richiedente ha dimostrato di avere avuto un giustificato motivo per depositarla in ritardo;
  • colui che ha presentato l’istanza è ritenuto, in genere, attendibile.

All’interessato, nel corso dell’audizione, è consegnato un opuscolo informativo sui diritti e sui doveri connessi allo status richiesto; tale documento è redatto in una lingua a lui comprensibile oppure, in caso d’impossibilità, in inglese, francese, spagnolo o arabo, a sua scelta.

Lo status di rifugiato

È considerato rifugiato:

  • lo straniero che, per il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trovi fuori dal Paese di cui è cittadino e non possa o, a causa di tale timore, non intenda avvalersi della protezione di tale Paese;
  • l’apolide che, per timore di essere perseguitato per i citati motivi, si trovi fuori dal territorio del Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale e non possa o, a causa di tale timore, non sia intenzionato a farvi ritorno.

Occorre, quindi, che nei confronti del richiedente siano stati commessi atti di persecuzione per uno dei suddetti mmotivi, purché non si configurino le specifiche cause di cessazione o di esclusione.

Più atti delineano una situazione di persecuzione se: siano sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, determinando una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Tra essi, in particolare, vanno considerati quelli per i quali è esclusa qualsiasi deroga, quali il diritto alla vita (salvo che il decesso sia causato da legittimi atti di guerra), il divieto della tortura, il divieto di schiavitù e del lavoro forzato e i diritti salvaguardati dal principio del “nullum crimen, nulla poena sine lege”;

ovvero:

costituiscano la somma di diverse misure, tra cui la violazione dei diritti umani. L’impatto di tali atti sulla persona deve essere sufficientemente grave, da realizzare una grave violazione dei suoi diritti fondamentali.

Possono essere considerati atti di persecuzione:

  • la violenza fisica o psichica, compresa quella sessuale;
  • i provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, ritenuti discriminatori per natura o modalità attuative;
  • le azioni giudiziarie o le sanzioni penali spropositate o discriminatorie;
  • il rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e la conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;
  • le azioni giudiziarie o le sanzioni penali conseguenti al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, qualora la partecipazione a tale guerra possa comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano tra le cause di esclusione dallo status di rifugiato.

Chi ritiene di essere perseguitato può invocare solamente motivi di:

  • razza. L’atto di cui è vittima deve contenere considerazioni sul colore della pelle, sulla discendenza o sull’appartenenza a un determinato etnico;
  • religione. L’atto in questione deve colpire un qualsiasi suo comportamento personale o sociale, fondato su un credo religioso o da esso prescritto, ovvero su convinzioni ateiste;
  • nazionalità. Ricorrono i suddetti motivi se la discriminazione è dovuta all’appartenenza a un gruppo caratterizzato da un’identità culturale, etnica o linguistica, da comuni origini geografiche o politiche oppure da un’affinità con la popolazione di uno Stato. Ne deriva, pertanto, che non vi è coincidenza tra nazionalità e cittadinanza;
  • appartenenza a un determinato gruppo sociale. Si intende per tale quello costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata, oppure che hanno in comune una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l’identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi. Tale gruppo, che può essere costituito da più persone con un’identità distinta nel Paese di origine, in quanto soggetti percepiti come diversi dalla società circostante, è individuabile anche in base alla caratteristica comune dell’orientamento sessuale. Tale orientamento sessuale non deve sfociare in condotte sanzionate penalmente dalla legislazione italiana;
  • opinione politica. È invocabile qualora sia stata espressa un’opinione, un pensiero o una convinzione su questioni attinenti metodi o politiche poste in essere dal potenziale persecutore; non occorre, peraltro, che quanto espresso si traduca, successivamente, in atti concreti.

Le cause di esclusione

Non può essere concesso lo status di rifugiato a chi già fruisce della protezione o assistenza di un’organizzazione o istituzione delle Nazioni unite, fatta salva l’ipotesi in cui tali misure vengano assicurate dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati; non può, inoltre, essere riconosciuto se sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere:

  • un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità;
  • un reato grave o atti particolarmente crudeli che possono essere classificati come gravi reati, anche se motivati da finalità politiche, prima di entrare in Italia e di avere ottenuto il permesso di soggiorno per rifugiato. Uno dei criteri per misurare la gravità del reato è dato dall’entità della pena prevista dalla normativa italiana, che deve essere non inferiore nel minimo a quattro anni e nel massimo a dieci anni;
  • atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite e, pertanto, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Le cause di cessazione

Lo status di rifugiato è dichiarato cessato qualora, dopo l’esame della situazione personale di chi ha ottenuto il riconoscimento, emerga che questi:

  • si sia avvalso, volontariamente, della protezione del Paese di cui è cittadino;
  • sia divenuto cittadino italiano o di un altro Paese che gli assicuri protezione;
  • sia rientrato, volontariamente, nel Paese che ha lasciato o in cui non è rientrato per il timore di persecuzioni;
  • non possa più rinunciare alla protezione offerta dal Paese di cui è cittadino, essendo venute meno le cause che portarono a riconoscergli lo status di rifugiato;
  • se apolide, possa rientrare nel Paese ove dimorava abitualmente, per il venir meno dei motivi di persecuzione.

Occorre, tuttavia, che il mutamento delle cause che consentirono di riconoscere tale status sia:

  • duraturo, e quindi non transitorio;
  • idoneo a eliminare il timore di persecuzioni;
  • compatibile con il rimpatrio dell’interessato. È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.

Le cause di diniego e di revoca

Il diniego è disposto previo accertamento che il richiedente:

  • non sia vittima di atti di persecuzione;
  • si trovi in una delle situazioni che configurano una causa di esclusione o di cessazione;
  • sia ritenuto, in base a fondati motivi, pericoloso per la sicurezza dello Stato;
  • sia considerato pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Tale profilo di pericolosità è la conseguenza automatica di una condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del cpp. La revoca, invece, è adottata se si accerta, dopo il riconoscimento del citato status, che:

  • sussistono i presupposti previsti per il diniego; tutti gli elementi su cui si fonda la domanda sono stati illustrati in modo erroneo;
  • risultano non comunicati fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza;
  • la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla valutazione di documenti falsi.

Protezione sussidiaria

Per concedere al richiedente la protezione sussidiaria è necessario che non vi siano i presupposti per riconoscergli lo status di rifugiato; occorrono, inoltre, fondati motivi per ritenere che:

  • lo straniero, tornando nel Paese di origine, correrebbe l’effettivo rischio di subire un grave danno e non possa o, a causa di tale rischio, non voglia avvalersi della protezione di tale Paese;
  • l’apolide, se ritornasse nel Paese ove dimorava abitualmente, correrebbe effettivamente il rischio di subire un grave danno e non possa né intenda, a causa di tale rischio, avvalersi della protezione del citato Paese.

Il danno grave si configura nelle ipotesi di:

  • condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante;
  • minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Non devono, tuttavia, sussistere le specifiche cause di cessazione e di esclusione.

Le cause di esclusione

Ricorrono se vi sono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere:

  • un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità;
  • un reato grave, in Italia o all’estero. Per valutare la gravità del reato si tiene conto anche dell’entità della pena, che non deve essere inferiore, nel minimo e nel massimo, rispettivamente a quattro e a dieci anni;
  • atti contrari ai principi e alle finalità delle Nazioni unite e, pertanto, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale;
  • ovvero sia pericoloso per: la sicurezza dello Stato;
  • l’ordine pubblico;
  • la sicurezza pubblica.

Le cause di cessazione

Lo status di persona ammissibile alla protezione sussidiaria è dichiarato cessato qualora le circostanze che ne hanno permesso il riconoscimento sono venute meno o sono cambiate, in misura tale da non ritenere più necessaria la protezione.

Occorre, tuttavia, che tale mutamento sia:

  • duraturo, e quindi non transitorio;
  • idoneo a eliminare l’esposizione al rischio di un danno grave;
  • compatibile con il rimpatrio dell’interessato. È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.

Le cause di revoca

La revoca, invece, è adottata qualora si accerti, dopo il riconoscimento del citato status, che:

  • sussistono i presupposti previsti per le cause di esclusione;
  • tutti gli elementi posti a fondamento dell’istanza sono stati illustrati in modo erroneo;
  • risulta omessa la comunicazione di fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza;
  • la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla valutazione di documenti falsi.

La protezione dall’espulsione

Il rifugiato o chi è ammesso alla protezione sussidiaria viene espulso qualora:

  • sussistano motivi per ritenere che costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato;
  • oppure: rappresenti un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, poiché condannato definitivamente per un reato punito con la reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni.

Non si dà luogo all’espulsione, tuttavia, se il destinatario del provvedimento, qualora rimpatriato nello Stato di origine o dal quale proviene, possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali.

Permesso di soggiorno e documenti di viaggio

Il questore del luogo ove dimora chi è riconosciuto rifugiato rilascia allo stesso un permesso di soggiorno per asilo, valido 5 anni e rinnovabile, nonché un documento di viaggio di uguale durata; tale titolo, equiparato al passaporto, non è rilasciato o, se è stato già emesso, viene ritirato, qualora emergano gravissimi motivi attinenti alla sicurezza nazionale o all’ordine pubblico che ne impediscono il rilascio.

La citata documentazione, esibita congiuntamente, consente la libera circolazione, in esenzione visto e per un periodo non superiore a 90 giorni, anche nel territorio degli Stati membri che applicano l’Accordo di Schengen.

Il documento di viaggio, dopo il riconoscimento dello status, può essere richiesto al momento del rinnovo del permesso di soggiorno.

L’istanza contestuale dovrà essere inviata tramite gli uffici postali utilizzando l’apposito modulo compilato dall’interessato, ovvero rivolgendosi a comuni e patronati per la precompilazione della pratica che dovrà essere, comunque, spedita attraverso gli stessi canali postali.

Il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria è, invece, rilasciato dal questore del luogo ove dimora a chi ha ottenuto il riconoscimento del relativo status; tale titolo è valido 3 anni ed è rinnovabile. Lo stesso questore, inoltre, qualora rilevi l’esistenza di fondati motivi che non consentano al titolare di tale status di chiedere il passaporto alle autorità diplomatiche del Paese di cui è cittadino, gli rilascia il titolo di viaggio per stranieri, di durata uguale a quella del permesso di soggiorno; il documento di viaggio, tuttavia, non è

La disciplina sul riconoscimento a cittadini stranieri o apolidi dello status di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria attua la direttiva europea 2004/83/Ce.

La domanda di protezione internazionale

La domanda può essere motivata dal verificarsi di avvenimenti, o dallo svolgimento di attività, successivi alla partenza dell’interessato dal Paese di origine o di dimora abituale.

I predetti status non possono essere riconosciuti qualora vi siano specifiche cause che ne escludono o ne fanno cessare la configurabilità.

Ogni domanda va esaminata individualmente; si tiene conto, inoltre, della specifica situazione delle persone vulnerabili, tra cui rientrano:

  • i minori;
  • i disabili;
  • gli anziani;
  • le donne in stato di gravidanza;
  • i genitori singoli con figli minori;
  • le vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.

Il richiedente, con la domanda, deve presentare tutti gli elementi e la documentazione inerenti:

  • l’età;
  • la condizione sociale;
  • l’identità;
  • la cittadinanza;
  • i luoghi ove ha soggiornato in precedenza;
  • eventuali domande di asilo pregresse;
  • gli itinerari di viaggio;
  • i documenti d’identità e di viaggio;
  • i motivi per i quali ha chiesto la “protezione internazionale”.

L’esame della domanda compete a un’apposita Commissione territoriale (ne sono state individuate dieci), che deve valutare, in relazione al richiedente:

  • la situazione nel suo Paese di origine, riferita al momento in cui l’istanza va decisa. È necessario, in particolare, verificare il modo in cui le autorità di tale Paese applicano il sistema normativo e regolamentare;
  • le dichiarazioni e la documentazione fornite. L’interessato è tenuto a precisare se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
  • la sua situazione personale, in particolare la condizione sociale, il sesso e l’età;
  • l’eventualità che con la sua condotta, successiva a quando ha lasciato il Paese di origine, abbia intenzionalmente precostituito le condizioni per presentare l’istanza di protezione in questione;
  • la possibilità che possa avvalersi della protezione di un altro Paese.

Si delinea un serio indizio per ritenere fondata la domanda se il richiedente ha già subito persecuzioni o minacce dirette di persecuzione; l’istanza, tuttavia, è rigettata qualora:

  • siano individuati nuovi elementi che escludano il ripetersi di tali fatti;
  • non emergano gravi motivi umanitari, idonei a impedire il rimpatrio dell’interessato.

Chi chiede la protezione internazionale potrebbe, suo malgrado, non riuscire a documentare la fondatezza della domanda; gli elementi posti a base della stessa, tuttavia, sono ritenuti veritieri se la Commissione competente ritiene che:

  • l’interessato ha compiuto ogni ragionevole sforzo per provare l’istanza;
  • tutti gli elementi in suo possesso sono stati forniti o, in caso contrario, vi sia una motivazione idonea a giustificarne la mancanza;
  • le dichiarazioni rese sono coerenti e plausibili, nonché compatibili con le altre informazioni acquisite;
  • la domanda di “protezione internazionale” è stata presentata il prima possibile, ovvero il richiedente ha dimostrato di avere avuto un giustificato motivo per depositarla in ritardo;
  • colui che ha presentato l’istanza è ritenuto, in genere, attendibile.

All’interessato, nel corso dell’audizione, è consegnato un opuscolo informativo sui diritti e sui doveri connessi allo status richiesto; tale documento è redatto in una lingua a lui comprensibile oppure, in caso d’impossibilità, in inglese, francese, spagnolo o arabo, a sua scelta.

Lo status di rifugiato

È considerato rifugiato:

  • lo straniero che, per il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trovi fuori dal Paese di cui è cittadino e non possa o, a causa di tale timore, non intenda avvalersi della protezione di tale Paese;
  • l’apolide che, per timore di essere perseguitato per i citati motivi, si trovi fuori dal territorio del Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale e non possa o, a causa di tale timore, non sia intenzionato a farvi ritorno.

Occorre, quindi, che nei confronti del richiedente siano stati commessi atti di persecuzione per uno dei suddetti mmotivi, purché non si configurino le specifiche cause di cessazione o di esclusione.

Più atti delineano una situazione di persecuzione se: siano sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, determinando una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Tra essi, in particolare, vanno considerati quelli per i quali è esclusa qualsiasi deroga, quali il diritto alla vita (salvo che il decesso sia causato da legittimi atti di guerra), il divieto della tortura, il divieto di schiavitù e del lavoro forzato e i diritti salvaguardati dal principio del “nullum crimen, nulla poena sine lege”;

ovvero:

costituiscano la somma di diverse misure, tra cui la violazione dei diritti umani. L’impatto di tali atti sulla persona deve essere sufficientemente grave, da realizzare una grave violazione dei suoi diritti fondamentali.

Possono essere considerati atti di persecuzione:

  • la violenza fisica o psichica, compresa quella sessuale;
  • i provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, ritenuti discriminatori per natura o modalità attuative;
  • le azioni giudiziarie o le sanzioni penali spropositate o discriminatorie;
  • il rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e la conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;
  • le azioni giudiziarie o le sanzioni penali conseguenti al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, qualora la partecipazione a tale guerra possa comportare la commissione di crimini, reati o atti che rientrano tra le cause di esclusione dallo status di rifugiato.

Chi ritiene di essere perseguitato può invocare solamente motivi di:

  • razza. L’atto di cui è vittima deve contenere considerazioni sul colore della pelle, sulla discendenza o sull’appartenenza a un determinato etnico; religione. L’atto in questione deve colpire un qualsiasi suo comportamento personale o sociale, fondato su un credo religioso o da esso prescritto, ovvero su convinzioni ateiste;
  • nazionalità. Ricorrono i suddetti motivi se la discriminazione è dovuta all’appartenenza a un gruppo caratterizzato da un’identità culturale, etnica o linguistica, da comuni origini geografiche o politiche oppure da un’affinità con la popolazione di uno Stato. Ne deriva, pertanto, che non vi è coincidenza tra nazionalità e cittadinanza;
  • appartenenza a un determinato gruppo sociale. Si intende per tale quello costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata, oppure che hanno in comune una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l’identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi. Tale gruppo, che può essere costituito da più persone con un’identità distinta nel Paese di origine, in quanto soggetti percepiti come diversi dalla società circostante, è individuabile anche in base alla caratteristica comune dell’orientamento sessuale. Tale orientamento sessuale non deve sfociare in condotte sanzionate penalmente dalla legislazione italiana;
  • opinione politica. È invocabile qualora sia stata espressa un’opinione, un pensiero o una convinzione su questioni attinenti metodi o politiche poste in essere dal potenziale persecutore; non occorre, peraltro, che quanto espresso si traduca, successivamente, in atti concreti.

Le cause di esclusione

Non può essere concesso lo status di rifugiato a chi già fruisce della protezione o assistenza di un’organizzazione o istituzione delle Nazioni unite, fatta salva l’ipotesi in cui tali misure vengano assicurate dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati; non può, inoltre, essere riconosciuto se sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere:

  • un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità;
  • un reato grave o atti particolarmente crudeli che possono essere classificati come gravi reati, anche se motivati da finalità politiche, prima di entrare in Italia e di avere ottenuto il permesso di soggiorno per rifugiato. Uno dei criteri per misurare la gravità del reato è dato dall’entità della pena prevista dalla normativa italiana, che deve essere non inferiore nel minimo a quattro anni e nel massimo a dieci anni;
  • atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite e, pertanto, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Le cause di cessazione

Lo status di rifugiato è dichiarato cessato qualora, dopo l’esame della situazione personale di chi ha ottenuto il riconoscimento, emerga che questi:

  • si sia avvalso, volontariamente, della protezione del Paese di cui è cittadino;
  • sia divenuto cittadino italiano o di un altro Paese che gli assicuri protezione;
  • sia rientrato, volontariamente, nel Paese che ha lasciato o in cui non è rientrato per il timore di persecuzioni;
  • non possa più rinunciare alla protezione offerta dal Paese di cui è cittadino, essendo venute meno le cause che portarono a riconoscergli lo status di rifugiato;
  • se apolide, possa rientrare nel Paese ove dimorava abitualmente, per il venir meno dei motivi di persecuzione.

Occorre, tuttavia, che il mutamento delle cause che consentirono di riconoscere tale status sia:

  • duraturo, e quindi non transitorio;
  • idoneo a eliminare il timore di persecuzioni;
  • compatibile con il rimpatrio dell’interessato.

È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.

Le cause di diniego e di revoca

Il diniego è disposto previo accertamento che il richiedente:

  • non sia vittima di atti di persecuzione;
  • si trovi in una delle situazioni che configurano una causa di esclusione o di cessazione;
  • sia ritenuto, in base a fondati motivi, pericoloso per la sicurezza dello Stato;
  • sia considerato pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Tale profilo di pericolosità è la conseguenza automatica di una condanna definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del cpp.

La revoca, invece, è adottata se si accerta, dopo il riconoscimento del citato status, che:

  • sussistono i presupposti previsti per il diniego;
  • tutti gli elementi su cui si fonda la domanda sono stati illustrati in modo erroneo;
  • risultano non comunicati fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza;
  • la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla valutazione di documenti falsi.

Protezione sussidiaria

Per concedere al richiedente la protezione sussidiaria è necessario che non vi siano i presupposti per riconoscergli lo status di rifugiato; occorrono, inoltre, fondati motivi per ritenere che:

  • lo straniero, tornando nel Paese di origine, correrebbe l’effettivo rischio di subire un grave danno e non possa o, a causa di tale rischio, non voglia avvalersi della protezione di tale Paese;
  • l’apolide, se ritornasse nel Paese ove dimorava abitualmente, correrebbe effettivamente il rischio di subire un grave danno e non possa né intenda, a causa di tale rischio, avvalersi della protezione del citato Paese.

Il danno grave si configura nelle ipotesi di:

  • condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;
  • tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante;
  • minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Non devono, tuttavia, sussistere le specifiche cause di cessazione e di esclusione.

Le cause di esclusione

Ricorrono se vi sono fondati motivi per ritenere che lo straniero abbia commesso o istigato a commettere:

  • un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità;
  • un reato grave, in Italia o all’estero.Per valutare la gravità del reato si tiene conto anche dell’entità della pena, che non deve essere inferiore, nel minimo e nel massimo, rispettivamente a quattro e a dieci anni;
  • atti contrari ai principi e alle finalità delle Nazioni unite e, pertanto, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale; ovvero sia pericoloso per:
    • la sicurezza dello Stato;
    • l’ordine pubblico;
    • la sicurezza pubblica.

Le cause di cessazione

Lo status di persona ammissibile alla protezione sussidiaria è dichiarato cessato qualora le circostanze che ne hanno permesso il riconoscimento sono venute meno o sono cambiate, in misura tale da non ritenere più necessaria la protezione.

Occorre, tuttavia, che tale mutamento sia:

  • duraturo, e quindi non transitorio;
  • idoneo a eliminare l’esposizione al rischio di un danno grave;
  • compatibile con il rimpatrio dell’interessato. È necessaria, infatti, l’assenza di gravi motivi umanitari che non consentano il suo ritorno nel Paese di origine.

Le cause di revoca

La revoca, invece, è adottata qualora si accerti, dopo il riconoscimento del citato status, che:

  • sussistono i presupposti previsti per le cause di esclusione;
  • tutti gli elementi posti a fondamento dell’istanza sono stati illustrati in modo erroneo;
  • risulta omessa la comunicazione di fatti che, se conosciuti, avrebbero determinato il rigetto dell’istanza;
  • la decisione favorevole è dipesa esclusivamente dalla valutazione di documenti falsi.

La protezione dall’espulsione

Il rifugiato o chi è ammesso alla protezione sussidiaria viene espulso qualora:

sussistano motivi per ritenere che costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato;

oppure:

rappresenti un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, poiché condannato definitivamente per un reato punito con la reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni.

Non si dà luogo all’espulsione, tuttavia, se il destinatario del provvedimento, qualora rimpatriato nello Stato di origine o dal quale proviene, possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali.

Permesso di soggiorno e documenti di viaggio

Il questore del luogo ove dimora chi è riconosciuto rifugiato rilascia allo stesso un permesso di soggiorno per asilo, valido 5 anni e rinnovabile, nonché un documento di viaggio di uguale durata; tale titolo, equiparato al passaporto, non è rilasciato o, se è stato già emesso, viene ritirato, qualora emergano gravissimi motivi attinenti alla sicurezza nazionale o all’ordine pubblico che ne impediscono il rilascio.

La citata documentazione, esibita congiuntamente, consente la libera circolazione, in esenzione visto e per un periodo non superiore a 90 giorni, anche nel territorio degli Stati membri che applicano l’Accordo di Schengen.

Il documento di viaggio, dopo il riconoscimento dello status, può essere richiesto al momento del rinnovo del permesso di soggiorno.

L’istanza contestuale dovrà essere inviata tramite gli uffici postali utilizzando l’apposito modulo compilato dall’interessato, ovvero rivolgendosi a comuni e patronati per la precompilazione della pratica che dovrà essere, comunque, spedita attraverso gli stessi canali postali.

Il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria è, invece, rilasciato dal questore del luogo ove dimora a chi ha ottenuto il riconoscimento del relativo status; tale titolo è valido 3 anni ed è rinnovabile. Lo stesso questore, inoltre, qualora rilevi l’esistenza di fondati motivi che non consentano al titolare di tale status di chiedere il passaporto alle autorità diplomatiche del Paese di cui è cittadino, gli rilascia il titolo di viaggio per stranieri, di durata uguale a quella del permesso di soggiorno; il documento di viaggio, tuttavia, non è rilasciato o, se è stato già emesso, viene ritirato, qualora:

  • sussistano ragionevoli motivi per dubitare dell’identità dell’interessato;
  • emergano gravissimi motivi attinenti alla sicurezza nazionale o all’ordine pubblico che ne impediscono il rilascio.

La citata documentazione, esibita congiuntamente, consente la libera circolazione nel territorio nazionale; il titolo di viaggio può essere richiesto in questura.

Chi è titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato prima del 19 gennaio 2008 su richiesta dell’organo di esame dell’istanza di riconoscimento dello status di rifugiato, ottiene, al momento del rinnovo, un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria; prima di allora l’interessato gode dei medesimi diritti stabiliti a favore dei titolari dello status di protezione sussidiaria.

Normativa/e di riferimento

  • Dlgs 286/1998
  • Dpr 394/1999
  • Dlgs 30/2007
  • Direttiva 2004/38/CE
  • Dlgs 251/2007
  • Dlgs 25/2008
  • Dm ministro dell’Interno 6 marzo 2008).
  • Articolo 57. Moduli e formulari – d.lgs 82/2005 – Codice dell’amministrazione digitale

Contatti ad enti/uffici esterni

A – Responsabili Uffici Anagrafe dei Comuni Italiani

B – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Servizi agli stranieri

Link utili

A – DCSD – Ministero Interno

B – Notizie utili in materia anagrafica da deaweb.org

C – Notizie utili in materia anagrafica da anusca.it